Fare bene, per fare la differenza.

FARE BENE, PER FARE LA DIFFERENZA, OVVERO: MA SIAMO PROPRIO SICURI CHE BASTA “FARE”?

Questo è un dettaglio del foglio n. 35 del progetto chitarre in gres.

Da che mondo è mondo a noi progettisti, designer, inventori di cose nuove viene chiesto di innovare, non di fare e basta. Quindi devi essere pronto a studiare, applicarti, provare e sbagliare anche quanto serve per perfezionare il tiro, anche se poi non sarai mai da solo a prendere la mira. Insomma non siamo mai nella condizione di dare per buona la prima, nemmeno la seconda se lavori sodo e bene. E non siamo tutti dei Guglielmo Tell, anzi.

Guglielmo Tell – “buona la prima bro!”

A noi gente di progetto spetta quel lavoro bastardo di perfezionare in quanto semplificare, lungo e doloroso a volte, quindi procedimento che incastra cultura ed esperienza, anche un po’ di follia e di coraggio, ma mai e sottolineo mai ci possiamo permettere di riposare senza una soluzione ragionata e qualche nota a margine per la giornata di domani. Capita spesso che si vada a letto con i pensieri.
Ma non con quelli che pensate voi, bensì pensieri tecnici, di forma, di disegno… ci si chiede se quell’angolo lì non sia un po’ troppo debole, e se non conviene adottare un’altra regola per le proporzioni, se l’aggancio può funzionare meglio in quest’altro modo, ma nell’altro costa meno e allora avresti un vantaggio se solo… aspetta! Forse serve uno stampo in più! Dannazione e sono le 01:15… vabbè dai cinque minuti.
E il mattino dopo ti alzi che sembri tuo nonno.

Quindi tra il “done is better than perfect” e “perfect is better than done” ci sta una via di mezzo che si chiama professionalità.

Adesso però il termine rischia di portarci fuori strada quindi fermi un attimo: è chiaro che l’errore è sempre dietro l’angolo e che al principio ogni cosa se ben fatta e non necessariamente perfezionata può e deve essere suscettibile di miglioramento nel tempo e dotandosi di strumenti e conoscenze via via migliori.
Ma non tutti gli strumenti possono essere usati bene anche se al minimo delle performance nel breve periodo e senza un background esperienziale e culturale pregresso.
Come ad esempio nel mio lavoro.
Credo che tutti gli anni di studi universitari e successivamente di lavoro in azienda siano abbastanza per potervelo confermare. Immagino solo che se parlo di perfezione con qualche collega non serva tanto spiegare come quest’ultima sia impossibile, irraggiungibile e comunque ovviamente inesistente in questo come in tanti altri mestieri.
A tal proposito un caro vecchio maestro così recitava:

CChi progetta sa di aver raggiunto la perfezione non quando non ha più nulla da aggiungere ma quando non gli resta più niente da togliere. (Antoine de Saint-Exupery)

Comunque mi piaceva questa paletta della chitarra n. 35 (all’inizio disegno sempre a mano e in scala 1:1, solo dopo passo al disegno 3D digitalizzando anche il mio stesso segno su carta) e mi sono soffermato a pensare che domattina si sarà già evoluta in qualche altra forma che ne sarà figlia, forse già più adulta o meno matura chissà.

A volte un progetto sembra non finire mai. Sembra… perché sono segreti che alla fine teniamo per noi e agli altri magari mica interessano poi tanto, ma va a finire che qualcuno di essi potrebbe fare una grande differenza.

Perché le cose si fanno bene, altrimenti è meglio non farle.
Ben fatto è meglio che perfetto.

Share