A colori

Se io potessi immaginare un mondo in bianco e nero sarei triste, ma mi piacciono i film di Bergman e la Berlino di Wenders. Nel dubbio penso <a colori> e ricordo bene quando ho imparato a riconoscerli. Rosso-sangue, giallo-sole, blu-cielo, verde-erba, bianco-luna e via così. Riconoscere il proprio colore ti salva un po’ di anima e ti riporta a casa, ai suoi odori, ai suoni che la abitavano, senti i passi di tante stagioni che ti friggono ancora in testa. Così, se hai avuto primavere acide e improvvisamente nel Maggio più bello ti sei innamorato puoi vedere ancora la sua pelle bianca, sotto l’acacia che sapeva già di miele, tu e lei, in riva a un ruscello poco abitato, capelli lunghi e neri, ricci i suoi.

Echoes, “Disco”, finitura custom a smalto opaco

In autunno poi ti fermi e vorresti salire sul bus per tornare a casa, cambiare le strade a com’erano prima, stringere un libro che ti costò ben novemila lire allora e che avresti potuto trovare in biblioteca. Poesie maledette e viola, come la copertina che fissasti per tutto il viaggio, ripetendoti che l’avresti trattata meglio di quella ragazza che hai lasciato andare. Aveva un walkman della Sony, avevamo più o meno tutti un walkman della Sony ma il suo era speciale, si inceppava sempre quando Freddy Mercury a un certo punto sussurrava i still love you, tanto che secondo me il walkman aveva capito da solo e si <incantava>, al posto di incepparsi. Ecco, proprio come me che quando mi inceppo mi incanto, è così anche adesso. Non so quale sia il mio colore, ma se c’è si nasconde molto bene. Nel dubbio, è un Supergiallo.


“Tutto ciò che accade è usuale e familiare come le rose in primavera e il raccolto in autunno.” (Marco Aurelio)

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