Tu non hai paura

Capita di sentire paura, ‘che se passa per il filtro della ragione siamo esseri umani. Quindi va bene così, l’importante è non farsi fottere dalla fifa. La paura è uno stato dell’Essere, a mio parere piuttosto nobile per un essere umano. Capita di sedersi sulla riva del fiume – quante volte sento nominare questo pensiero di Confucio – e se invece di “veder passare il cadavere del nemico” il fiume ti guarda, allora ti caghi sotto. Ed hai paura. Provo a vincere la paura, cerco di darle un volto e di affrontarla. Non sono mai stato bravo a dare consigli, praticamente non ne do mai, spero sempre di dare un buon esempio, dovesse capitare che faccio qualcosa di rilevante, ma consigli mai. Però questa volta te ne lascio uno che è anche un esempio. 

Markandré Fotografia analogica per DEMO CERAMICS, 2016

Quando te la fai letteralmente sotto, disegna un po’ della tua vita. Puoi farlo con carta e penna, tanto non serve disegnare bene se si sceglie di disegnare sé stessi, si può anche disegnare nell’aria con un dito, tu sei e basta, come fanno i sognatori pigri. Disegnare un modo per ripercorrere i propri passi è come vedersi da spettatori, mettere a nudo sé stessi per sé stessi e nessun altro, è guardare negli occhi il fiume e non avere fifa. E’ l’affrontare una paura antica, è accettare quella grande paura in tutti i sensi, un atavico ritorno a scegliere chi si vuole essere e non a fare i cani feriti, sporchi e rabbiosi. Uccidere coloro di cui sai di avere bisogno non salva nemmeno te. Il fiume può scorrere veloce allora, il cadavere del nemico è distante, oppure il nemico sta guardando negli occhi il fiume come stai facendo tu. Accetta la lotta, accetta di avere un metodo, accetta di fare ciò che vuoi fare, da sempre. Disegna un mattone alla volta, sposta tutte le pietre che ti chiudono, prorompi dalla Materia, sii il tuo stesso Michelangelo e togli deciso il peso che imprigiona ciò che sei veramente. Soppesa, scarta, finisci, ricomincia, sei un ciclo, devi assomigliare all’universo, non devi diventarlo, saresti infinito, dispersivo, nessuno ti vedrebbe nella tua pelle, devi esserne un disegno, tuo e basta. Ma fallo con cura, disegnando appunto.

Macchine che vincono la morte, 2015 – Schizzi di studio

Tutto è disegno, ogni giorno è esattamente un progetto, sii colui che costruisce, non usare sempre la parola creare, tu non crei un cazzo, non sei un creatore. Tu costruisci, il pensiero tutto è costruzione, sei parte di una storia, non di una vaga idea di come sia fatto un Dio qualunque. Ottieni umiltà dai tuoi strumenti, se non li hai cercali, costruiscili, ci sono i pezzi. Continua a fare il costruttore, c’è gente che studia l’architettura o cose simili per una vita e sta creando ma non fa nulla per imparare a costruire, pensaci. Usa i tuoi strumenti perché anche la più erosa delle matite ha una punta da affilare, e per vedere un segno ti devi muovere con la punta di una grafite. Il tuo braccio, da solo, potrebbe al massimo sgorgare sangue, in ogni caso non controlleresti te stesso, sporcheresti e basta. Pensa che dobbiamo essere umili, noi esseri umani. Soppesare l’umiltà stessa per volerci bene e riservarci la giusta dignità, preservarla sempre, è un equilibrio difficile. La mente, il braccio, la mano, il controllo del pensiero attraverso il movimento e il suo ritornare pensiero, continuamente, tutto ciò affidato alla punta di una pietra, nemmeno dura. E questo è solo un esempio tra i tanti, questo è solo l’inizio, prima o poi capita.
Disegna, è l’unico modo per vincerla, questa maledetta morte.

 

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